Ma lasciamo questi ricordi storici d’interesse personale, e veniamo alla questione generale ed attuale.
Noi di questa rivista, al pari di altri compagni in altre pubblicazioni nostre, non abbiamo per nulla preteso di avere bella e pronta la soluzione infallibile ed universale di tutti i problemi che ci si affacciano alla mente; ma, riconosciuta la necessità di un programma pratico, adattabile alle varie circostanze che possono presentarsi nello svolgersi della vita sociale prima, durante e dopo la rivoluzione, abbiamo invitato tutti i compagni che hanno delle idee da esporre e delle proposte da fare a concorrere alla elaborazione di detto programma. Quindi, quelli che trovano che tutto è andato bene finora e che bisogna continuare come per il passato, non hanno che da difendere il loro punto di vista; mentre gli altri che d’accordo con noi pensano che bisogna prepararsi intellettualmente e materialmente alla funzione pratica spettante agli anarchici, anzichè aspettare passivamente il verbo nostro dovrebbero cercare di dare essi stessi il loro contributo al dibattito che li interessa.
Per conto mio, io credo che non vi sia “una soluzione” ai problemi sociali, ma mille soluzioni diverse e variabili, come è diversa e variabile, nel tempo e nello spazio, la vita sociale.
In fondo, tutte le intuizioni, tutti i progetti, tutte le utopie sarebbero egualmente buone a risolvere il problema, cioè a contentar la gente, se tutti gli uomini avessero gli stessi desideri e le stesse opinioni e si trovassero nelle stesse condizioni.
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