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      Ma questa unanimità di pensiero e questa identità di condizioni sono impossibili e a dir vero non sarebbero nemmeno desiderabili; e perciò nella nostra condotta attuale e nel nostro progetto d’avvenire dobbiamo tener presente che non viviamo, e non vivremo neppure domani in un mondo popolato da soli anarchici: invece siamo e saremo ancora per lungo tempo una minoranza relativamente piccola. Isolarsi non è generalmente possibile, e qualora lo fosse sarebbe a detrimento della missione che ci siamo dati, nonchè del nostro benessere personale. Bisogna dunque trovare il modo di vivere in mezzo ai non anarchici nel modo il più anarchico possibile e con il maggior vantaggio possibile per la propaganda e per l’attuazione delle nostre idee.
      Noi vogliamo fare la rivoluzione, perchè crediamo nella necessità di un cambiamento radicale, che non può essere pacifico a causa della resistenza dei poteri costituiti, negli ordinamenti politici ed economici vigenti per creare un nuovo ambiente sociale che renda possibile quell’elevamento morale e materiale delle masse che la propaganda, l’educazione, è impotente a produrre nelle circostanze attuali, ma non potremmo fare una rivoluzione esclusivamente “nostra” appunto perchè siamo piccola minoranza, perchè non abbiamo il consenso delle masse e non vorremmo, anche potendolo, imporre con la forza la volontà nostra per non andare contro i fini che ci proponiamo. Dunque, per uscire dal circolo vizioso, dobbiamo contentarci di fare una rivoluzione il più “nostra” che sia possibile, favorendo e partecipando, moralmente e materialmente, ad ogni movimento diretto nel senso della giustizia e della libertà e maggiore giustizia.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338