Ed è questo un gran bene e di ottimo augurio, anche se le soluzioni proposte finora non sono nè abbondanti nè soddisfacenti.
È passato il tempo in cui si pensava che l’insurrezione bastasse a tutto, e che una volta vinti l’esercito e la polizia ed abbattuti tutti i poteri costituiti, il resto, che era poi l’essenziale, verrebbe da sè.
Siamo dunque d’accordo nel pensare che oltre il problema di assicurare la vittoria contro le forze materiali dell’avversario vi è anche il problema di far vivere la rivoluzione dopo la vittoria. Siamo d’accordo che una rivoluzione la quale producesse il caos non sarebbe vitale.
Ma non bisogna esagerare: non bisogna credere che noi si debba e si possa fin d’ora trovare una soluzione ideale per tutti i possibili problemi. Non bisogna voler troppo prevedere e troppo determinare, altrimenti invece di preparare l’anarchia faremmo dei sogni irrealizzabili oppure cadremmo nell’autoritarismo e, coscientemente o no, ci proporremmo di agire come un governo che in nome della libertà e della volontà popolare sottopone il popolo al proprio dominio.
Mi accade infatti di leggere le più strane cose: strane se si considera che sono scritte da anarchici.
Un compagno, ad esempio, dice che “le folle avrebbero ragione d’inveire contro di noi se dopo di averle invitate ai dolorosissimi sacrifici di una rivoluzione si dicesse loro: fate ciò che la volontà vi suggerisce, raggruppatevi, producete convivete come meglio vi aggrada”.
Ma come! non abbiamo noi sempre detto alle folle che non debbono aspettarsi il bene nè da noi nè da altri, che il bene debbono conquistarselo da loro stesse e che avranno solo quello che sapranno prendere e conserveranno solo quello che sapranno difendere?
| |
|