), il funzionamento dei principali servizi pubblici (acqua, trasporti, elettricità, ecc.) e lo scambio ininterrotto tra le città e le campagne.
Più tardi le maggiori difficoltà spariranno: il lavoro organizzato direttamente da coloro che realmente lavorano diventerà facile ed attraente; l’abbondanza della produzione renderà inutile ogni calcolo sul rapporto tra prodotti fatti e prodotti consumati e ciascuno potrà davvero “prendere nel mucchio” quello che gli piace; le mostruose agglomerazioni cittadine si dissolveranno, la popolazione si distribuirà razionalmente su tutto il territorio abitabile, ed ogni località, ogni raggruppamento, pur conservando ed aumentando a benefizio di tutti tutte le comodità fornite dalle grandi imprese industriali e pur restando legato a tutta l’umanità per sentimento di simpatia e di solidarietà umane, potrà in generale bastare a sè stesso e non essere afflitto dalle opprimenti e dispendiose complicazioni della vita economica attuale. Ma queste, e mille altre belle cose che si possono immaginare, riguardano l’avvenire, mentre ora urge pensare al modo di vivere oggi, nella situazione che la storia ci ha tramandata e che la rivoluzione, cioè un atto di forza, non potrà cambiare radicalmente, da un giorno all’altro, come con un colpo di bacchetta magica. E poichè, bene o male, bisogna vivere, se noi non sapremo o non potremo fare il necessario, lo faranno altri con scopi e risultati opposti a quelli a cui miriamo noi.
Non bisogna trascurare “l’uomo della strada”, che è poi in tutti i paesi la grande maggioranza della popolazione, e senza il cui concorso non v’è emancipazione possibile; ma non bisogna neppure fare troppo affidamento sulla sua intelligenza e sulla sua capacità d’iniziativa.
| |
|