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      Gli anarchici devono bensì sforzarsi di rendere il meno faticoso possibile il passaggio dallo stato di servitù a quello di libertà, fornendo al pubblico il più possibile d’idee pratiche ed immediatamente applicabili, ma debbono guardarsi bene dall’incoraggiare quell’inerzia intellettuale e quella tendenza a lasciare fare agli altri ed ubbidire, che abbiamo lamentate.
      La rivoluzione, per riuscire veramente emancipatrice, dovrà svolgersi liberamente in mille modi diversi, corrispondenti alle mille diverse condizioni morali e materiali degli uomini d’oggi per la libera iniziativa di tutti e di ciascuno. E noi dovremo suggerire e realizzare il più possibile quei modi di vita che meglio corrispondono ai nostri ideali, ma soprattutto dobbiamo sforzarci di suscitare nelle masse lo spirito d’iniziativa e l’abitudine di fare da sè.
      Noi dobbiamo evitare anche le apparenze del comando, ed agire colla parola e con l’esempio come compagni tra compagni; e ricordandoci che a voler troppo forzare le cose nel senso nostro e far trionfare i nostri piani, correremmo il rischio di tarpare le ali alla rivoluzione ed assumere noi stessi, più o meno inconsciamente, quella funzione di governo, che tanto deprechiamo negli altri.
      E come governo noi non varremmo certamente meglio degli altri. Forse anche saremmo più pericolosi per la libertà, perchè convinti fortemente di aver ragione e di fare il bene, saremmo inclini, da veri fanatici, a considerare quali contro-rivoluzionari e nemici del bene tutti quelli che non pensassero ed agissero come noi.


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Rivoluzione e lotta quotidiana
di Errico Malatesta
pagine 338