Nel numero di oggi del Messaggero leggo che anche in una riunione tenuta a Senigallia, si interpretò variamente quello che io dissi in proposito, in una conferenza a Napoli.
Ora è manifesto che non importa punto sapere come io la pensi: importa invece moltissimo sapere quale delle due opinioni – quella favorevole o quella contraria alla partecipazione alle elezioni – sia la vera. E questo è quello che io vorrei discutere una volta per sempre per tutti.
È risaputo che i socialisti in lotta con i repubblicani e coi democratici, hanno sostenuto per molti anni, e molti di essi sostengono tuttavia, che le forme politiche sono di nessun valore, che tanto vale la monarchia quanto la repubblica, e che le libertà sancite dagli Statuti sono una lustra, perchè chi è povero è schiavo.
La questione sociale – si è detto – è tutta nella dipendenza economica degli operai dai padroni: scalziamo questa e la libertà verrà da sè.
Questa è una grande verità. Le libertà politiche sono, ma chi pon mano ad esse? Chi può esercitarle davvero sotto il regime attuale? Non può essere politicamente libero il popolo che è economicamente schiavo. Ma, se le libertà politiche e costituzionali hanno minor valore che generalmente non si creda, non segue che esse non servano affatto. Servono tantochè il governo ce le strappa, con intendimento di ritardare l'emancipazione della classe operaia.
Dunque esse hanno un valore innegabile. Ma queste libertà non consistono semplicemente nel diritto di voto e nell'uso che se ne può fare.
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Anarchismo e democrazia
Soluzione anarchica e soluzione democratica del problema della libertà in una società socialista
di Errico Malatesta - Francesco Saverio Merlino
pagine 122 |
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