Intendiamoci. Quello che è contrario ai principi nostri è il partecipare al governo come ministri, come impiegati, come poliziotti, come giudici, magari come legislatori... Sì, anche come legislatori, perchè io sostengo che il deputato o socialista o operaio o rivoluzionario dev'essere non un legislatore, bensì un agitatore. Ma non è contrario ai nostri principi che il popolo eserciti un'ingerenza, per quanto indiretta e di poco valore, nell'amministrazione della cosa pubblica. Noi possiamo e dobbiamo dolerci che quest'ingerenza oggi sia minima; che la sovranità popolare duri il quarto d'ora delle elezioni; che poi gli elettori, tornati a casa – il contadino all'aratro, l'operaio all'officina – gli eletti rimangano arbitri della cosa pubblica e dispongano a loro talento dei più gravi interessi del Paese. Questo è il male, non la partecipazione di una parte del popolo all'elezione dei deputati e di alcuni pubblici amministratori.
Ora a questo male non si rimedia astenendosi dalle urne; ma bensì inducendo il popolo anzitutto ad esercitare con coscienza e vigore quella poca autorità che ha, poi a reclamarne una maggiore; abituandolo a lottare e prolungando la lotta oltre il breve periodo elettorale.
La lotta politica deve svolgersi nel Parlamento e fuori del Parlamento. Qui sta la differenza fra il mio modo d'intenderla e quello dei politicanti e purtroppo anche di taluni socialisti e di molti democratici.
Per costoro la lotta politica sta tutta nel mandare alla Camera il maggior numero possibile di deputati del proprio partito.
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Anarchismo e democrazia
Soluzione anarchica e soluzione democratica del problema della libertà in una società socialista
di Errico Malatesta - Francesco Saverio Merlino
pagine 122 |
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