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DAL DIARIO DEL POPOLO DI GENOVA,
DOPO L'ARMISTIZIO SALASCO(2)
I MILITARI RAMMENTINO CH'ESSI PURE SON POPOLO
Una grave dimostrazione aveva luogo ier sera. La Brigata Regina irritata da una di quelle molte angherie che si commettono contro i soldati, i quali hanno avuto l'audacia di combattere meglio che i loro capi non desideravano, prorompeva in grida contro alcuni dei suoi capi e contro il governo; i fatti del giorno le davano occasione di sfogare il malcontento che freme nel petto alla maggior parte, la migliore, della nostra armata; la causa di questo malcontento è facile a scorgersi. I Generali — ed altri — che nelle nostre infamie militari non veggono che il frutto dell'opera loro, possono contemplare ciò con occhio tranquillo, e forse compiacersi d'aver comprato a tale prezzo gradi e paghe; ma il povero soldato che dava la sua vita senz'altro desiderio che di servire la patria, senza altra speranza che la gloria, senza altra gioia che la vittoria, deve sentirsi fremere l'anima nel vedere la vita dei suoi fratelli e il proprio sangue prodigato per ricondurre Radetzky a Milano, e il quartier generale a Torino, e il nome di soldati italiani ch'esso proferiva con orgoglio, cambiato in un titolo di scherno. I soldati che non sono ministri, né regii commissari, non hanno questa filosofica superiorità per cui le questioni d'onore e di disonore si guardano da alto come volgari pregiudizi. E poi è noto che essi furono dal governo mandati fra noi per mettere a ragione con la baionetta quei «matti di genovesi»; si sa che fu loro proibito — benché pare, con poco frutto — di mostrarsi insieme coi cittadini, che si andava loro insinuando essere i Genovesi che colla loro esaltazione li aveano mandati al macello, tutto ciò già s'intende per amore e unione — frase sacramentale dei giornali e degli uomini governativi — e per tema che la loro moralità potesse nel contatto corrompersi.
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