I CORPI FRANCHI(4)
L'Impero austriaco manda un rantolo che par quello della morte, la rivoluzione lo strozza sin nel suo letto regale, nella fedelissima Vienna, gli appunta il pugnale al core sino in mezzo alle sue guardie pretoriane, in mezzo all'armata di Radetzky; ma stolto il navigante che dorme perché il tempo è secondo; ch'egli rinforzi le vele e faccia suo prò del vento propizio.
Quando tutto pareva perduto — agli uomini che veggono poco — sarebbe stato vile per l'Italia il cedere alla sventura con una inerzia codarda; ora che la sorte, quasi, temesse fossero troppo forti pel nostro braccio, rompe ella stessa le nostre catene sarebbe stupidità il non levarsi ed agire.
Bisogna pensare seriamente alla guerra. L'Europa vide fuggire le nostre armate, vide la giovine bandiera dell'Italia lasciata cader nel fango dalle mani degli uomini che avean giurato morire prima di abbandonarla, e molti dissero: quegli oppressi non meritano la libertà perché sono vili; non insultate al valor dei traditi, li vedrete alla riscossa. Il giudicio pende ancora incerto; mostriamo per Dio che la seconda sentenza era la verità.
Noi abbiamo una provincia Italiana che possiede un'armata il cui valore fu sciupato, non spento negli ultimi fatti, e che sotto capi — non dirò eroi — ma solamente onesti può ancora riescire una delle migliori del mondo.
Ma una gran parte dell'Italia non ha armate regolari né queste possono improvvisarsi ad un tratto, e se anche ne avesse, le recenti sventure dovrebbero averci insegnato che una giornata può decidere d'un'armata, e le sorti di una nazione non possono giocarsi in un giorno, cosicché in ogni caso converrebbe pur pensare ad organizzare accanto alla guerra strategica un'altra guerra, la quale ne accelerasse il successo nel caso la prima riescisse felice, e nel caso mancasse, conservasse all'Italia un'àncora di salute.
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