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      L'aver dimenticato questa primissima necessità fu ciò che spinse il governo di Milano nella mala via che lo ridusse a Torino. Perché egli visto in sulle prime che il nemico fuggiva si diede tranquillamente a cantar vittoria, senza prendersi altro pensiero; furono lasciati errare alla ventura senza denari, senza organizzazione, senza concerto i numerosi corpi franchi di cui brulicava il suolo Lombardo, cosicché invece d'ingrossarsi e di agire, isterilirono nella inerzia e a poco a poco quasi totalmente mancarono. Ma se era vinta la prima battaglia, restava a vincersi l'ultima, e il governo Lombardo, il governo dell'insurrezione non si era preparato a ciò; in tali circostanze egli non trovò niente di meglio che di gittarsi nelle braccia d'una dinastia la quale facesse la guerra per suo conto.
      Allora ciò che restava dell'insurrezione fu totalmente spento perché in quell'elemento si supponeva nascondersi il principio popolare, all'Italia fu sostituita l'«Alta Italia», cioè al risorgimento d'una Nazione l'ingrandimento d'una monarchia, e invece di pensar a cacciar lo straniero oltre le Alpi, si pensò al modo in cui questo nuovo Stato avrebbe compromesso l'esistenza degli altri Stati; mentre poco prima si parlava di patria poco dopo si discuteva di capitale — e questo era logico — al «principio» si era sostituito l'interesse. L'utilità di tal metodo fu provata, e le cose andarono come andarono.
      Molti pensano diversamente, ma in questo almeno tutti converranno, che sarebbe pur stato meglio che perduta l'armata tutto non fosse stato perduto e che se si fosse conservato un elemento il quale rispondesse all'eroe di Montevideo nell'estremo conato, si sarebbe almeno salvato il sacro fuoco dell'insurrezione, e l'onor nazionale.


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Pagine politiche
di Goffredo Mameli
pagine 67

   





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