Ma la sera del sabato scorso era fissata una riunione del circolo; sin dalle cinque del dopo pranzo si vedeano presso al teatro alcuni soldati d'un battaglione il cui nome è assai noto pel valore con cui ha combattuto in Lombardia e principalmente nel fatto di Goito, e per una tradizionale simpatia alla causa della libertà: il battaglione R. Navi. Erano un quindici o venti che faceano schiamazzo accennando voler fare una dimostrazione, ma senza dirne lo scopo. Malizia che ci par piú pretina che militare. Però rimanevano quasi soli. Giungeva l'ora della radunanza del circolo — ed essi si riunivano a un'altra dozzina di loro compagni che li aspettavano al solito luogo delle sedute, entravano nella sala ove affiggeano un cartello che terminava con «Morte al Circolo», «Viva Carlo Alberto e il Cappellano Grillo» (ravvicinamento che deve riescir poco lusinghiero a S.M.). I socii si presentavano alla porta del circolo ed erano accolti prima da ingiurie a cui rispondevano con parole di persuasione, poi colla sciabola a cui rispondeano difendendosi benché inermi; parecchi italiani sfuggiti al cannone austriaco che affrontarono generosamente furono in quella sera proditoriamente feriti, e fra questi il capitano Vincenzini che solo, inerme, fu circondato da otto o dieci armati che volevano forzarlo a gridar «Viva Carlo Alberto», «Viva il Cappellano Grillo», e rifiutandosi egli, e difendendosi colle mani lo assalirono siffattamente ch'egli ne ricevette piú ferite e fu salvato in forse della vita da un amico nostro e dalla guardia nazionale.
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