— nella fuga. Ci ricorda d'aver visto l'armata di Radetzky correre tremante alle fortificazioni di Mantova e Verona tanto atterrita dalla sconfitta che trecento disertori le stettero a fronte, e la respinsero a Montechiari (presso Brescia) e nondimeno gli Italiani erano colti alla sprovvista e non hanno potuto inseguirla. E l'armata di Radetzky ebbe tempo di riparare intatta nelle fortificazioni per quivi ridivenire terribile e cambiare un'orda di fuggiaschi in un'armata regolare. Gli Italiani hanno congiurato perché accada ancora ciò che accadde — se pure questa volta Dio non avvolge cosí prepotentemente la mano nei capelli ai caduti, sicch'essi sieno obbligati a levarsi senza volerlo — e noi speriamo e gridiamo ai nostri fratelli: fate vostro prò del tempo che Dio vi concede per prepararvi alla battaglia. Che il soldato non dorma aspettando la pugna; ma affili la sua spada, e carichi il suo fucile, e si prepari a far fuoco. Perché gli uomini del governo vanno domandando se si deve far la guerra mentre vi è la guerra, vanno domandando se si dee mantener la pace, mentre non vi è pace.
Per Dio, l'uomo che ha il nemico nella sua casa e chiama questo la pace, e va domandando se si deve combattere, quello è l'ultimo degli uomini! E intanto l'alba d'una nuova èra del mondo biancheggia allo sguardo dell'Umanità, l'Europa si dibatte nel gran parto convulsa, e i popoli della terra sono schierati in battaglia, e si domandano se una penisola fu ingoiata dall'onde del Mediterraneo, perché un popolo manca nelle loro file, e chiamano gl'Italiani in rango e gl'Italiani non rispondono.
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