Finiscano le ipocrisie delle mezze misure, del fatto che maschera il diritto, del diritto che maschera il fatto. Se vogliamo esser liberi, è suonata l'ora del grande esperimento; se vogliamo giacere impossenti o limosinare alla porta d'ogni popolo la libertà, nella medesima guisa di tapini che, per odio al lavoro, vanno mendicando a frusto a frusto la vita con monotoni lagni, a che si domanda sovranità popolare e costituenti italiane?
Immensa letizia e immenso dolore ci combattono l'anima, riguardandoci intorno. Tanta sicurezza e tanti pericoli? Né la sicurezza parte dall'intima coscienza del proprio coraggio, ma dall'ignoranza dei pericoli. La guerra è cessata da sei mesi; la guerra sta per rinascere. E che si fece per sostenerla, per riscattar l'onor nazionale compromesso? A Roma durante due mesi che fecesi mai? Quali sono i provvedimenti per danaro e per armi? Quali i corpi con savia mente ordinati? Ove sono le nuove milizie raccolte?
Noi sappiamo che molti ci sbarrerebbero con ambe le mani la bocca per soffocare questo grido d'allarme, che imprudente dichiarano. A costo d'essere maledetti, giova ripeterlo. Se la nazione diventa sovrana, la nazione diventi soldato nel medesimo tempo. Se no, no. Rammentatevi che i Francesi immolarono il diritto de' principi sovra un patibolo, ma noi stiamo immolandolo sopra un altare; essi, in nome del popolo, noi, in nome di Dio e del Popolo. La nostra rivoluzione è piú vasta, piú profonda e severa; quindi è piú contrastata. E possiamo fare altrimenti?
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