Che direbbe di voi l'Europa se all'istante del pericolo, se nel momento decisivo la bandiera repubblicana da voi innalzata con tanto entusiasmo e con sķ belli auspicii mancasse al nazionale convegno? Quella bandiera su cui giuraste l'indipendenza e la libertą di questa sacra terra, a cui sospirano i fratelli gementi sui prati lombardi, posasse neghittosa e ravvolta, inutile ornamento?
L'Europa direbbe: gli italiani del Tebro e dell'Arno non sono che grandi e impotenti fanciulli a cui si addice la sferza del pedagogo. Tornino un'altra volta sotto la tutela dell'Austria, sotto il bastone dei Proconsoli suoi; altra sorte dessi non meritano. Questo pur troppo direbbero i popoli tutti che ora vi stanno osservando con grande aspettativa. E i fratelli conculcati, indarno sperando nell'aiuto dei fratelli, maledirebbero ad un vano simulacro di libertą reso impotente per difetto di patria caritą, d'energia, di opere.
Potreste voi sopportare l'idea d'esser fatti ludibrio del mondo? soffrire che la vostra insegna repubblicana diventi un obbrobrio, un'ironia? Noi nol crediamo possibile. Ma frattanto ascoltate gli ermafroditi politici che gridano «indipendenza» senza comprenderla, udite i nemici della Democrazia, gli scribi salariati che si arrovellano per iscreditare la vostra santa rivoluzione, come in coro vi lanciano l'accusa di inettezza, di indolenza, di scioperatezza. La «demagogia», dicono essi, č colą eretta in sistema; le loro tendenze «anarchiche» e «sovversive» son soddisfatte. Che importa loro la guerra? la «fazione» ha trionfato, i «rivoluzionari» toschi e romani sono contenti.
| |
Europa Europa Tebro Arno Austria Proconsoli Democrazia
|