Il giovine Tirteo non aspettò le occasioni, per rivelarsi alla patria; diverso da tutti i poeti della sua generazione, non prese incitamento dal fatto, bensí dal diritto; dall'obbligo, dall'intima convinzione del fare. E già salutato poeta, non si contentò di eccitare la gente a combattere; andò egli tra i primi; aveva già varcato il Ticino, mentre in Milano cominciava a scorrere il sangue d'un popolo generoso. Precoce in tutto, come nel sicuro ardimento delle visioni fatidiche, poco piú che ventenne era acclamato capitano dai cento compagni che aveva condotti alle prove del fuoco; e per due anni di guerra fu tutto ardore di pensieri e di opere, a Governolo, a Luino, a Morazzone, a Palestrina, a Velletri, alle porte di Roma, Quel poeta, quel combattente, quell'Italiano compiuto, fu GOFFREDO MAMELI.
Nell'atto di pubblicare tutte le cose sue, dobbiamo vedere, e mostrare alle nuove generazioni della patria, come si sia formata quella mente e fortificata quella volontà singolare. Né sembri effetto di audacia temeraria l'accingermi ch'io faccio all'impresa. Bene ho letto ancor io, e piú volte, il mònito di una facil rettorica: nessuno si attenti di aggiunger parola a quanto scrisse di lui Giuseppe Mazzini. Certo, il grande Italiano ne scrisse degnamente, molto stringendo in poche pagine sue, vibranti di commozione profonda: ma tutto non disse di lui, e del non poterne dire di piú espresse le oneste cagioni, questa tra l'altre del non conoscere di Goffredo ogni cosa. E quanto ne rimarrebbe ignorato, se nessuno si dovesse attentare di parlarne ancora!
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