Né per ciò dimenticati i nostri, fra i quali primeggiavano il Monti e il Foscolo, seguendo assai dappresso il Leopardi pei Canti, il Niccolini per le Tragedie, il Tommaseo per le calde pagine di Fede e Bellezza e delle Memorie poetiche. Da queste io penso abbia ricevuto impressione non lieve il nostro Goffredo, intendendo più addentro nelle ragioni della poesia, e di ciò ch'ella dovesse ridiventare in Italia.
Le deboli e poco felici, e certo non gloriose esperienze ch'io venni facendo nell'arte (scriveva il Tommaseo fin dal 1838 nelle accennate Memorie) mi diedero almeno di quella un'imagine piú compiuta che l'educazione volgare o la volgare esperienza non dia. M'accorsi che la poesia si componeva di tutti questi elementi che ora dirò: lingua, stile, numero, affetto, imaginazione, memorie, desiderii, amore della bellezza estrinseca, della bellezza morale, della patria, di Dio. Tutte insieme queste condizioni congiunte darebbero il poeta sommo; chi piú ne ha, piú è grande, e piú dura, e piú giova. A molti le dette qualità pare che reciprocamente si oppugnino; e costoro non parlino di poesia. L'uomo che piú ne raccolse, e che, dopo i Profeti, fu innanzi a tutti poeta, è un cittadino della repubblica di Firenze
. Cosí, conchiudendo con Dante, sentenziava il Dalmata illustre, già troppo dimenticato ai dí nostri, o negletto. E non pare che a questa definizione del vero poeta abbia mirato nell'arte sua, fin dai primi anni, il Mameli? Bene è certa una cosa: che dagli studi adolescenti di lui la conscia preparazione al sacro ufficio traspare.
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