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      Dopo di che, siamo condotti in carcere, dove i due tribuni hanno il premio del loro tradimento. Ma uno di costoro, lo stolto, ha il coraggio di uccidersi; non cosí l'altro, l'astuto, a cui resta, prima di salire al patibolo, l'obbrobrio di essere svergognato da Paolo. Questi, lasciatosi prendere, poiché la sua vendetta è compiuta, aspetterà tranquillo il supplizio. E si eleva intanto, ritornando col pensiero al suo duplice sogno svanito, si eleva benedicendo alla povera donna pentita, che viene ad implorarne il perdono. Manca la scena finale; non necessaria, del resto. Che cosa dovesse ella riuscire, con una parlata di Paolo dal palco di giustizia, ci è dimostrato da piccoli frammenti poetici, che si leggono sparsi nei quaderni dell'autore, e che erano manifestamente destinati a quella scena, non ancor maturata nella sua fantasia.
      Questo il primo abbozzo del dramma. Non ne fu contento il poeta, e ne stese un secondo, ove le invidie dei tribuni sono rimandate ad un primo atto, non scritto, forse neanche disegnato, e l'atto della incoronazione diventa il secondo, accogliendo anche il secondo del primo abbozzo, ma portando seco il difetto d'un cambiamento di scena; difetto, ripeto, ma per noi Italiani, che a queste mutazioni non sappiamo adattarci. Poche novità nel terz'atto, comune ai due abbozzi solamente, invece di essere nella casa di Paolo, diventata di Gastone, la scena è trasportata in un sotterraneo, dove i due traditori aspettano il soccorso di Gastone, e ne hanno il tradimento nuovo, che li mette in balía dei nemici.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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