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      La polizia rincorreva come tante fiere tutti coloro che lo cantavano: ma già il popolo lo avea fatto suo; e in ogni moto, in ogni festa, ufficiale o non ufficiale, l'Inno faceva capolino. Fu proibito fino alla dichiarazione di guerra all'Austria; e da quel giorno, poi, tutte le bande militari lo suonarono. I soldati, quando partivano per la Lombardia, lo cantavano, alzando i caschetti sulla punta delle baionette. Un anno dopo, è vero, lo suonarono a scherno le bande militari nemiche, nello entrare in Alessandria. Ma non fece loro buon prò; che anzi.... Ma via, lasciamola lí, poiché la pace si è fatta, e noi siamo in casa nostra padroni. Tornando a que' tempi, io non vidi il Mameli se non a Milano, nell'aprile del '48. Si discorreva, in piazza del Duomo, di tutte le cose nostre genovesi, quando ad un tratto la banda Nazionale intuona il "Fratelli d'Italia". Un urrà generale si levò per la piazza; Goffredo ebbe come un lampo negli occhi, mi gittò le braccia al collo, e mi baciò. Fu l'ultima volta che lo vidi; e fu uno dei pochi baci ond'io serbo memoria". -
      L'inno "Fratelli d'Italia", rapidamente divulgato e cantato di città in città, di regione in regione, aveva fatto conoscere agli Italiani un nuovo e vero poeta. Ma già le nobili odi ai Bandiera, a Dante, a Roma, la fiammante annunciazione dell'Alba, e l'arditissima fantasia della Buona Novella, avevano rivelato intiero quel poeta a' suoi cittadini ammirati. Con questi canti, alcuni dei quali appartenevano allo scorcio del '45, ma che tutti furono conosciuti correndo manoscritti nel '46, Goffredo Mameli ha già come poeta la sua originalità, la sua forma caratteristica, per cui si distingue da tutti, non somigliando a nessuno, se pure in qualche particolarità può derivare da altri.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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