La metrica del "Cinque Maggio" e della "Risurrezione" (a non citare altro che un tipo fra i tanti, e il piú noto, come il piú autorevole) si allunga col Mameli in più capaci sistemi di strofe, in piú svariati intrecci e ripetizioni di rime alterne e di rime baciate, con abbondanza di versi sdruccioli interposti: il periodo lirico vi si adagia in insolite giaciture, sdegnando i facili riposi del secondo verso o del quarto, e rompendosi in luoghi inaspettati; onde movenze nuove, ed atteggiamenti tutti suoi. Per qualche saggio di rime interne si è voluto vedere un influsso del Rossetti; per le rime tronche appaiate nella medesima strofa e non distribuite in lontana rispondenza tra le due, come per qualche altra singolarità di costruzione del periodo lirico, è corso il pensiero al Berchet; ma son cose da nulla, su cui non si può fondare un giudizio, potendo noi riscontrarle anche in altri poeti della vecchia scuola Manzoniana, o della Montiana che l'ha preceduta, o infine dell'Arcadica, donde per la tecnica, almeno, derivano ambedue; tanto è vero che niente di nuovo si dà sotto il sole. Non dirò del Carrer, né del Prati, né d'altri della seconda fioritura romantica, che ebbe a Padova il suo rigoglio piú vivo, perché a Genova non penetrati ancora a quel tempo. Tante erano le barriere intellettuali, come le doganali, tra la Liguria e il Lombardo Veneto, che solo, andando in volta estemporaneo cantore, poteva derivarne il Regaldi qualche amabil nota alla sua lira girovaga. E sebbene il Prati, dal '44, o giú di lí, avesse portata la scuola a Torino, poteva accadere a Genova, sul finire del '46, il fatto curioso d'un nostro poeta, che avuta per caso alle mani un'ode del cantore di Edmenegarda, e fattone copia ad una brigata di colti ascoltatori, ne ottenne cosí largo premio di applausi e congratulazioni, da non aver piú il coraggio di dire: "badate, che non è mia".
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