Ma a Genova altre notizie gli giunsero: Garibaldi, entrato finalmente in campo, dopo tante ripulse, dopo tanti tiepidi ringraziamenti alle sue offerte di servizio, Garibaldi, raccolte due o tre migliaia di volenterosi in Lombardia, non riconosceva armistizio, voleva ritentare la sorte delle battaglie. E Goffredo accorse, trovando, nelle schiere del grande Capitano, semplice soldato il grande agitatore della patria, il Mazzini. Cosí partecipò egli a quella breve ma virile protesta armata, che finí coi due combattimenti di Luino e Morazzone. Di là, poi, riparato a Lugano, fu nuovamente a Genova, dove indi a poco si riduceva anche il Bixio, fratello d'armi e di fede, che non possiamo scompagnare da lui nel ricordo dei fatti di quell'anno, e meno ancora dell'anno seguente.
Che fare, a casa, dopo tante speranze deluse? Poco fidando in una vicina ripresa delle ostilità, Goffredo non si ritrasse tuttavia dalle agitazioni di Genova, e scrisse nuovi inni per la riscossa. Disegnava frattanto di prendere nel novembre la laurea dottorale, e ripassava i suoi testi. Ma ancora, sollecitato dagli amici, e fors'anco da una voce interiore, voleva pubblicare in un volume i suoi versi. "Raunar le fronde sparte" è natural desiderio di tutti i poeti: felice chi n'ha il tempo, ed il modo; e tempo e modo, se arridono un tratto, non van lasciati fuggire. Perciò fece una corsa in Toscana, desiderando di stampare laggiú, che gli pareva il luogo piú adatto, ove "le Muse han culto e amabile idioma". E tuttavia, non era tempo da versi, non essendo tempo da "pacati orecchi". Mentre, tornato a Genova, faceva la raccolta delle cose sue che gli parevano migliori e piú adatte al volume, in ciò assistito dal Canale, suo vecchio amico e buon consigliere(6), le agitazioni popolari seguivano piú vive che mai.
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