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      O Venezia! un amante slealeDi consorte l'anel ti chiedea;
      E nel giorno che il giuro fataleDall'improvvido labbro ti uscí,
      Sconsigliato la sposa cedeaAl feroce sicario d'un dí.
     
      Ma fu vano l'adultero pattoChe ti dava all'estranio padrone:
      Tu frangesti lo stolto contratto,
      E ancor libera, e vergine ancor,
      Sotto l'ali del vecchio Leone
      Il tuo serto tornasti a compor.
     
      Salve, o bella! al solenne momentoTutti tutti al tuo fianco saremo:
      Che se all'ora del grande cimentoTutta Italia t'avesse a mancar,
      Ti rivolgi nel palpito estremoAll'antica gemella del mar.
     
      E nell'ode "Il popolo e Carlo Alberto" recitata due giorni appresso al teatro Diurno dell'Acquasola, il Fusinato raddoppiava la dose, coi versi:
     
      Il popol ti guarda, e il popol non vuoleLa stola d'Ignazio sul petto dei re.
     
      Ti chiaman tradito: ma sorge il passato,
      Che muto fantasma s'asside al tuo lato;
      Un lembo solleva del manto regale,
      E sotto le gemme che a noi le celâr,
      Agli avidi sguardi col dito fataleDue macchie di sangue lo vedi accennar.
     
      Non c'era la censura preventiva sui versi? o il nuovo commissario non osava farne uso? Ma già nel banchetto dell'unione e della concordia del 3 settembre al teatro Carlo Felice, il Celesia, recitando il suo inno "Alla riscossa", aveva potuto cominciare cosí, sotto il velo trasparente della forma dubitativa:
     
      O martiri, o prodi di Goito, di Volta,
      La grande contesa non anco è risolta.
      Inulte stan l'ossa dei forti caduti;
      Né vinti voi foste, ma oppressi, venduti....
      Il Giuda del turpe mercato chi fu?
     
      Si copra d'un velo l'orrendo misfatto


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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