Non si pensava ancora alla possibilità di un intervento Francese; il Napoletano, annunziato, dava poco pensiero; l'Austriaco, piuttosto, se l'Austria non avesse avuto abbastanza da fare con Venezia, coi probabili moti di Lombardia, e finalmente col pericolo di un nuovo attacco delle armi Piemontesi. Ed ecco infatti, nel marzo era denunziato l'armistizio; Carlo Alberto ridiscendeva in campo, a ritentar la fortuna. Ma fu breve speranza; seguiva, il 23 di quel mese, la sconfitta di Novara, irreparabile sventura, con la abdicazione del re, e i duri patti imposti dal vincitore, dovuti accettar dal vinto. Né molti giorni passarono, e un'altra notizia giungeva: il regno agitato, ribelle alla pace vergognosa; Genova la prima ad insorgere apertamente, il 28 marzo, cacciando il presidio, e proclamando un governo provvisorio. Anche lí, dunque, la Costituente avrebbe fatto cammino? Per intanto, due cittadini Genovesi come il Mameli ed il Bixio non potevano star molto in forse; chiesero licenza di accorrere; e l'ebbero, aggiunto loro l'ufficio di commissarii della Repubblica Romana presso la Ligure. Partiti il 4 aprile da Genova, imbarcatisi il 5 a Civitavecchia sul vapore La Città di Marsiglia, approdavano il 7 nel porto di Genova, mettendosi tosto a disposizione del generale Avezzana, comandante supremo della difesa, che appunto li volle suoi aiutanti. Ma ci fu da far poco. Si era in armistizio con l'esercito assediante, e l'armistizio era nel giorno 8 prorogato di altre quarant'ore, provvedendo una parte e l'altra ai casi suoi, e già da tre giorni essendo gli assedianti padroni della cinta occidentale, dall'altura degli Angeli alla costa di San Benigno.
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