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      Amava soprattutto sentir cantare il piú famoso tra gli inni di lui, il "Fratelli d'Italia". - "Avete notato?" diceva. "In una sola strofa c'è tutto quello che un Italiano non dovrebbe ignorare della sua storia; Legnano, Gavinana, Portoria, i Vespri di Sicilia. E quella Vittoria, che è stata creata da Dio schiava di Roma, che immagine stupenda!" Sí, certo, Generale, e da poeta lirico di primissimo grado.
     
      VI.
     
      Tolto dal campo ch'egli aveva bagnato del suo sangue (e mai l'antico Gianicolo aveva avuto una consacrazione piú pura), Goffredo fu trasportato all'ospedale della Trinità dei Pellegrini. La ferita era grave, e a tutta prima non la stimarono tale quei medici. Pure, la tibia era stata spaccata per lungo fin sotto al ginocchio. Non si amputò, sperando bene: e quando si sbrigliò la fasciatura, perché il piede s'era fatto tutto nerastro, non si accertò neppure la presenza di un corpo estraneo nella ferita(13). Si tennero consulti parecchi, sembrando a qualche medico necessaria, ad altri no, l'amputazione della gamba sotto al ginocchio. Ma il 19 giugno, quando tutti la considerarono urgente, era tardi: si amputò allora sopra il ginocchio; e non bastava, pur troppo. Fu detto che la visita improvvisa di persona non gradita, mentre l'infermo era lasciato per pochi momenti solo nella sua cameretta, lo facesse dare in ismanie; onde si spostò l'apparecchio. Ma oramai l'accidente, per quanto spiacevole, aveva poca importanza sul corso del male; la complessione delicata, il temperamento linfatico del ferito, erano tali da renderne impossibile la guarigione.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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