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      La morte ci ha rapito un poetadiss'egli. E tale fu davvero il Mameli, nel grande significato che alla parola attribuiva quel giudice insigne: dell'alta poesia aveva la sostanza, che scattava veemente, levandosi a voli d'aquila, sull'ala delle imagini vigorose: la ispirazione dei Profeti si era fatta una cosa sola coll'anima di lui, palpitante e vibrante d'amor patrio, che associava i destini della giovine Italia con quelli dell'antico Israele la forma, dal canto suo, aveva rotto ben presto l'involucro Manzoniano, donde pareva che i nostri poeti di mezzo secolo fa non sapessero uscire, andando sforzati sull'orma, e rimanendo tutti, romantici o no, sempre inferiori al nuovo esemplare: rotto poi l'involucro, sciolta ancora d'ogni appiccicaticcio scolastico di frasi dette e ridette, di modi poetici logorati dall'uso di cento e cent'anni, sincera, non dimessa, e, grazie al nuovo delle imagini sue, non disadorna, si svolgeva in istrofe d'aspetto singolare, che nell'insolito degli atteggiamenti, nel risentito degli aggiunti, nello scorcio audace degli incisi, acquistavano una mirabile virtú persuasiva: e queste erano già tanto vicine alla perfezione tecnica, da bastar pochi ritocchi accorti, a togliere asprezze, a chiarir passi difficili, a ravviare contorni. Ma egli improvvisava, nel bollore dell'estro: gli autografi suoi provano ciò, ed altro ancora; perché, dobbiam dirlo, agl'impeti di quell'estro soggiaceva spesso la ortografia, la interpunzione; sempre utile, questa, a volte necessaria, per istabilire i limiti del periodo, il significato della frase.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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