Molte vicende, e tali da opporsi ai piú fermi propositi, alle migliori intenzioni, mi disviarono da questa cara fatica; ma piú d'ogni altra cosa la difficoltà di trovar l'editore che di tanti scritti editi ed inediti facesse un volume, per la sua stessa mole, come per l'indirizzo e il metodo della pubblicazione, destinato a riuscire costoso; mentre (mi si diceva) ci sarebbe sempre stato chi ristampasse in un volumetto i versi, lasciando il resto ad aggravio commerciale dell'edizione ponderosa. Il modo della pubblicazione, com'io la intendevo, è finalmente trovato, e trovato soltanto alla vigilia di appagare il voto di Nicola Mameli, che, dopo la morte sua, gli autografi del suo grande fratello, a me confidati, andassero in dono alla Città, che al Tirteo italiano si gloria, d'aver dati i natali. Degna di tanto deposito la patria; non ragionevole indugiarne la consegna; e questa e l'edizione nostra vengono fortunatamente compagne.
Constano i manoscritti Mameliani di otto grandi quaderni e di un gran numero di fogli sciolti di varia misura; autografi i primi, autografi ed apografi i secondi. Dei quaderni, uno e il piú smilzo è tutto versioni dal greco di Senofonte; un altro tutto appunti di Diritto Civile, Romano e Canonico: due contengono il primo e il secondo abbozzo del dramma in versi Paolo da Novi; due portano, rispettivamente, sulla prima pagina le date del 1845 e del 1846, colle iniziali G. R. M. corrispondenti ai nomi del Poeta, che in quelli anni per l'appunto pensava di associare nella sua firma i due nomi di Goffredo e di Raimondo, per passar poi alla nuova forma di "R. Goffredo", quale si vede a piè d'un suo scritto del '47; forma anch'essa abbandonata di poi.
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