I manoscritti, di versi e di prose, onde ho potuto giovarmi per questa edizione, son molti, ma non tutti i lasciati da Goffredo. E questo s'intenderà facilmente, chi pensi che una parte di essi, adoperata per la edizione Genovese del 1850, non ritornò piú alla famiglia; e gran mercè se di taluni componimenti erano nei quaderni i duplicati. Altri, segnatamente in fogli sciolti, vennero a mancare per cortesi richieste, non sempre potute eludere, finché i manoscritti rimasero presso la famiglia del Poeta. Venuti questi nelle mie mani, cominciò la difesa: passavano a me le richieste cortesi, e molte e per qualche anno frequenti: ad una sola cedetti, con l'approvazione della famiglia, trattandosi di appagare l'onesto desiderio di un egregio concittadino, che al Mameli era stato compagno d'università e di agitazione politica, poi commilitone in Lombardia e nella difesa di Roma. Diedi infatti una variante all'inno "Viva Italia! Era in setta partita", ma dopo averne preso copia, che tra i manoscritti è conservata, e di cui si tien conto nella stampa dell'inno anzidetto.
Nella pubblicazione dei versi e delle prose, cosí riferendo dai manoscritti come da stampe anteriori, curai quanto mi venne fatto la interpunzione, seguendo anzi tutto le norme grammaticali, ed anche conformandomi alle indicazioni stesse del Poeta, col prender lume dai passi ov'egli pure a quelle norme aveva badato. È noto infatti a quanti hanno veduto autografi di lui, che nelle cose sue, gittate in carta sotto l'impeto della ispirazione, i segni ortografici sono quasi sempre insufficienti, e talvolta mancano affatto.
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