Ora concede il fatoAlle rosate imagini,
Ai palpiti del cor.
Il gelo del dolorePresto rapisce all'anima
La forza dell'amore,
Qual ne' suoi gorghi rapidiL'onda travolge il fior.
Ridi al poeta: blanda,
Fagli obliar la vitaSu questa trista landa,
Se il labbro tuo l'invita,
L'angiol di gioia immemoreDiscenderà dal ciel:
Sulla tua fronte i vanni,
Usi d'errar nell'etereLungi dal duol degli anni,
Agiterà piú splendidiE si farà piú bel.
Ridi al poeta: accantoA lui riposa il fianco,
E dal suo labbro il cantoEvolerà piú franco,
Come se il Dio dei numeriGli fecondasse il sen.
Il fior dell'armoniaSolo l'amor solleva:
Egli non era, priaChe il ciel negli occhi d'Eva
Specchiasse il bel seren.
Ridi al poeta: oh, ch'ioMorda le trecce, il velo,
E crederotti un Dio
Che mi sollevi al cielo,
Che mi ritorni ai faciliDelirii dell'amor.
L'astro del viver mioVolge al tramonto, pallido:
Diede a te sola Iddio
Far che morente un ultimoLampo l'avvivi ancor.
Bella dal sen di neve,
Bella dal crin dorato,
. . . . . . . . . . . . . . . . . .(32)
DAL LIBRO DI GIOBBE(33)
PERISCA il dí in cui nacqui, e maledettoSia il giorno in cui fu detto:
Ei fu concetto.
L'ombra di morte su quell'anno pesi,
Ed i suoi dí nei mesiNon sian compresi.
Brami la luce, e del Sol l'aureo cornoNon faccia a lui ritorno,
Non vegga il giorno.
E quella gente che è del Sol nemica,
E quella che gli è amica,
Lo maledica.
Perché la madre non m'uccise appieno?
Non soffocommi almenoNel proprio seno?
Non avrei vuoto il calice penoso,
E, nel sepolcro ascoso,
Avrei riposo.
Ignaro almeno di sí cruda guerra,
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Dio Eva Dio Iddio Sol Sol
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