Coi grandi della terraSarei sotterra.
E giunto, pria d'avere il Sole scorto,
Sarei al comun portoCome un aborto.
Là dei potenti il dominar vien manco,
Là il travagliato e stancoRiposa il fianco.
Ritorna là coll'oppressor l'oppresso,
Ed in un loco istessoDormono appresso.
Perché alla luce il misero fu dato,
E ad un vivere ingratoFu condannato?
Oh, perché a lui la morte fu interdetta?
Oh, perché fugge in frettaDa chi l'aspetta,
Da chi ricerca in lei tregua e ristoro,
Coll'ansia di coloroChe cercan l'oro?
Perché pietosa non discende a quelloChe qual beato ostello
Cerca l'avello?
Perché sua vita, non richiesta, Iddío
Di tenebre coprío,
Di duolo ordío?
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E la parola, a Giobbe allor rivolto,
Disse l'Eterno, il voltoTra i nembi involto:
Chi è quei che, sacra alla mia bocca sola,
Manda da mortal golaLa mia parola?
Cingi, o mortal, cingi di forza il petto,
E rispondi al mio detto,
Nanti il mio aspetto.
Quando posi del mondo agli emisferiI càrdini primieri,
Dimmi, dov'eri?
Sai tu chi sia, che con certa misuraDei monti alzò l'altura
Sulla pianura?
E allor che prima, al suon di mie parole,
Sopra la terrea moleSplendette il Sole?(34)
RIDO...(35)
Et vidi cuncta quae sub Sole fiunt; etomnia vanitas vanitatum....
ECCLESIASTE, I, 14.
RIDO, che questo mondo è pien di matti:
V'è chi scherza, sull'orlo al precipizio;
V'è chi piange, ed il fato gli è propizio;
V'è chi parla d'onor, di fè, di patti.
V'è chi lascia l'arrosto, e lecca i piatti;
V'è chi è scemo, e lo credon di giudizio;
V'è chi passa per Numa, o per Fabrizio,
E ipocrita è in parole, e birba in fatti.
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