Arida, amara della vita spargiD'illusïon , d'incanto. Altri le rose
Del bel sembiante in te vagheggi, e il molleVolgere della cerula pupilla:
Bella a me sei della mia Idea, che tuttaSé stessa in te riflette e si vagheggia.
Che il mio genio s'inebrii nel profumoDi questo fior d'amor! Ch'io figga il guardo
Nel tuo guardo, com'aquila che ardentePunta l'occhio nel Sole, e si sublima!
E qual l'incenso, che insiem arde e olezza,
Ferva l'anima mia, ch'io sciôr vo' un innoAl piú gentil degl'Itali poeti.
A quale mai cortese anima, caro,
Siccome il nome di un'amata, il nomeDi Torquato non scese? Oh, la sventura,
Come il suo genio non compreso immensa,
Sovra il suo capo si posò. La viaDio gli segnò fra i triboli e le spine,
Ed il suo canto fu simile al cantoFavoloso del cigno, allor che sente
Esaurirsi la vita, alle dolentiOre di morte. Fra cotanti affanni,
Ah, chi cortese lo sorresse, e pioLa man gli stese nel crudel viaggio?
Ahi, cercò invano sulla terra un core,
Che, qual eco che facile rispondeAlla canzon del trovator notturno,
Ai battiti del suo cor rispondesseE se all'amor per Lëonora aprillo,
Nol compres'ella, o lo sdegnò. AnatémaSul capo della donna, che potea
Sparger balsamo, oblío, sulle feriteDell'infelice, e sparsevi veleno!
Stupido al suono della sua parola,
Come a chi parli una favella ignota,
Guatollo il mondo, e gli sorrise in voltoNon altrimenti che a un deliro, quale
Sopra la gemma sconosciuta il ciecoPassa e calpesta! Ed il suo spirto oppresso
Dall'ingente concetto, ed il suo coreDai grandi affetti affaticato, affranto,
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