Ancor gli nutre; o forse d'un'ignotaD'una stella lontana abitatrice
Il canto fosse... O forse il mio pensieroEra dal lungo dolorar deliro.
II.
E nell'anima, Iddio, come un presagioD'un avvenire piú gentil ti pose,
E ne spirò l'immagine e la fedeNel sorriso fuggevole indistinto
Di te, che, - qual tra la vigilia e il sonnoNello sguardo un'imago uom si figura,
Che non sa s'egli vede e s'egli pensa, -
All'anima lampeggi: e non accarnaSe lo illude il desío, o se tu sei,
O un bello amasse, il mio pensiero, in altraScorsa esistenza, cui membrar non vale,
O un indistinto delle varie parti,
Che componeano quella cara Idea,
Tu sii, cui la mia mente or s'affatica,
Per vagheggiarla, ricomporre invano.
III.
Eppure, in tutta la natia sua luceE vita, all'alma balenò talvolta
Ma, o presto troppo dileguasse il suoRapido apparimento, o alla mia mente
In se comprender cosa eterea tantoPossibile non fosse, ahi! sempre ondeggia
Nel mio concetto quella cara Idea
Confusamente.
IV.
Una già a me si parve,
Che all'alma mia ne ritraea gran parte.
Era la notte, e in fervide caroleS'intrecciava la danza. Io solo immoto
Mi rimanea nella comune ebbrezza;
E se negli occhi l'agitata follaTalor mi si pingea, la loro impronta
Mi somigliava ad una trepid'ombraVariamente confusa. Io la guardava:
Sola, distinta, s'aggirava anch'essaIn fra quei misti avvolgimenti, quale
Fra tempestosi nugoli una stella,
Che ad or ad or si pare, ad or s'asconde.
Io la guardava ; e mi tornava a menteQuando Torquato a Lëonora in fronte
Pose deliro un bacio. E nell'orecchio
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Iddio Idea Idea Torquato Lëonora
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