Parla potente al core,
L'Italico cantoreDi nuova luce splendida
Sente nel sen presagoLa vostra santa imago,
E del suo carme il volSpiega vêr voi le piume,
Qual di cometa il lumeTorna al paterno Sol.
Ché fra i codardi luridoVidi destarsi un riso,
E dei tiranni a un'empiaGioia atteggiarsi il viso,
Mentre una grande Idea
La fronte lor cingeaDella sua gloria, e màrtiri
Della sua fede, in cielo,
Sgombre del mortal velo,
Dal suo cruento altar,
Di degno incenso fumo,
Di degno fior profumo,
L'anime a lei mandâr.
Un indistinto fremito(52)
In fra l'Ausonie gentiErrar parea, commuovere
I popoli dormenti;
Pareva giunta l'oraDella promessa Aurora...
Ma chi fia qui che scendereOsi nel grande agone?
Della fatal tenzonePrimo il vessillo alzar?
Ringagliardir gl'ignavi?
Un popolo di schiaviNell'avvenir lanciar?
Altri desía, ma deboleTeme, e voler non osa
Altri al materno gemito,
Alla plorante sposaPietà codarda ostenta:
Tal, cui l'oprar sgomenta,
Vilmente pio la patriaAl cieco caso affida(53);
Nel proprio fango gridaSola virtù dormir;
E con superbe foleDella Romulea prole
Tenta ingannar l'ardir.
Stolti, o venduti! VoglionoGuidar tremando i fati;
Che il suo terrore adorinoI popoli prostrati.
Della viltà profeti,
Sui fremiti secretiChe l'avvenir racchiudono
Spargon blandizie e oblíoDicon, mentendo Iddio,
Empio chi tenta oprar.
Come se in ciel l'Eterno
Avesse sol governoDi chi sa sol tremar!
Silenzio, eunuchi! Il garruloBisbiglio almen quest'ora
Tema turbar, che un angeloD'amore e speme infiora.
Noi d'un fecondo pianto,
D'un generoso canto
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