Da che gridasti, "Italia,
Ahi, di dolore ostello,
Non donna di provincie,
Ma schiava, ma bordello,
Rossor ti punga, assembraLe mal divise membra",
Deh, chi rattien la Menade,
Prima che perda il dí?
Nel suo crudel delirio,
Conglutinò la boccaDella vergogna al calice.
Ahi, la Romana ròccaLa prostituta avara
Che cinge la tïara,
Pel femminil smaniglio,
Tarpea novella, aprí.
Quale maligno démoneSpiega l'antico mito!(60)
È ucciso il drago;
spargonsi Sul mal fecondo litoI denti; spunta armata
La fiera mèsse; guata,
Ascoso accanto, Teseo
La mèsse e il vello d'ôr.
Per Dio, fratelli, unitevi,
Deh, non credete al ladro.
È il vello, che egli adocchia....
Questo è spettacol adro.
Pace, nell'empio calle,
Sol per guardarvi a spalle!
Per Dio, fratelli, unitevi,
Mentre alcun resta ancor.
E niun T'ascolta! I miseriTiene un'orrenda ebbrezza...
La gemma il cieco inconscioCalca del piede e sprezza:
Ma passa, chi calpesta;
Ella risplende, e resta.
Mieterà il tempo i popoli,
E il Verbo tuo sarà(61).
L'armi fraterne tacquero,
Perché i fratèi son morti;
Pesò il fatal giudicioSovra i tapini e i forti;
Pel grande cimiteroGavazza lo straniero;
Teseo l'avel di Scipio
Con roghi e altar cambiò.
Vero è che il suolo è fervidoNella funerea sala;
A quando a quando il fulmineCome un vapor n'esala;
E furon dí che ignotoFremer vi parve un moto...
E la valléa di Giòsafat
Quel cimiter sembrò.
Vero è che ai regi incognitaS'alimentò vivace
Da qualche gran superstiteL'incorruttibil face,
E a cui contese il fatoScendere in campo armato
Ascese sul patiboloE vinse col morir.
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