Male sana alla suora ella parlava:
- "Anna sorella, mi dan gran pensieroLe inusate vigilie. Oh, chi è costui
Che nuovo alle mie sedi ospite arriva,
E tal si mostra all'apparir, nel coreQuanto è forte e nell'armi? Veramente
Egli è stirpe d'un Dio, perché tradisceI degeneri animi la tema.
Da quai fati agitato! e quali infausteGuerre narrava! . . Ma i' m'ho posto in core
Di viver sola. Se le nozze tantoIo non avessi in odio, a costui solo
Forse io potea soccombere. Sorella,
A te nol celo: da quel dí ch'io vidiMorto il marito, e di fraterno sangue
Sparsa la casa, solo questi ha mossiI nostri sensi, e l'anima costrinse.
Conosco i segni dell'antica fiammaMa l'ima terra mi si schiuda innanzi,
E prima il Padre onnipotente all'ombreColla fòlgore sua mi cacci, all'ombre
Dell'Erebo pallenti e alla profondaNotte, ch'io mai vi rompa fede, o giuri
Di pudore e di fede! Egli, coluiChe primo amor m'apprese, il nostro amore
Seco portossi. e il s'abbia, e nella tombaLo serbi seco e sempre!" -
Ella parlava,
Ed era tutta in pianto. Ed Anna a lei:
- " O della luce a me piú cara, o suora,
Sola mai sempre e inconsolata, questaTua giovinezza consumar vorrai?
Questo alla polve delle tombe in curaTu credi, e ai Mani dei sepolti? E sia.
Il tuo dolor molti mariti invanoPiegar tentaro; il disprezzato Gîarba
Basti, e di Libia i varii amanti, e i duciChe, ferace d'eroi, l'Affrica nutre.
Anche al tuo cor resister vuoi? Né a menteTi torna il suol dove tu vivi? Quinci
Le Getule città, stirpe nell'armiInsuperata; ti ricinge infesto
Quindi il Numída, e inospiti le Sirti,
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Dio Padre Erebo Anna Mani Gîarba Libia Affrica Getule Numída Sirti
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