Ed ignoti deserti ed i Barcéi
Lunge tremendi. Che dirò di Tiro,
Che già si leva a guerra? A questi lidi,
Seconda Giuno ed auspicante il corso,
Volser le Iliache navi. Oh, qual si levaLa tua città, da tali nozze, forte
Dell'armi Teucre! Chiedi venia ai Numi,
E porgi preci! Mentre indulgi al dolceOspizio, è lieve trovar causa a lui
Perché rimanga: aspro dal verno il mare,
Ed alle navi sconquassate il cieloNon trattabile." -
Incauta! e tai paroleL'animo acceso le infiammâr d'amore;
Le scioglieano il pudore, ed alla menteDubbia davan speranza. Ella da prima
Andava ai templi, e chiedea pace a' Numi,
Sacrificando a Cerere ed a Febo,
Ed a Liéo, e piú di tutti a Giuno,
A cui de' nodi maritali è cura.
Essa tenendo di sua mano il nappo,
La bellissima Dido, in fra le cornaLo spargeva alla candida giovenca.
Doni su doni reca, ed agli apertiPetti dell'ostie, sopra le spiranti
Viscere, pende interrogando. O ignareMenti dei vati! Che i delúbri e i voti
Giovano la furente? . . Interna, in core,
Tacita vive la sua piaga. DidoArde nell'ossa, e delirando vaga
Per la città. Cosí talor la cervaCui lunge incauta in fra le Cressie selve
Colpí il pastor di dardo, inscio obliandoIl volatile ferro, il monte e il piano
Corre fuggendo, e il mortal telo ha infisso.
Or seco Enea mena alle mura, e ostentaLe Sidonie ricchezze, e la nascente
Città: talor prende a parlargli, e a mezzoIl suo discorso oblía: or nuovamente
Chiede d'udir l'Iliaca storia, e pendeDalla bocca al narrante. E come è sola,
E suadono i silenti astri il riposo,
Abbandona le coltri, e per la casa
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