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      Vacua s'aggira, ed ella assente, assenteLui vede ed ode. Anche talor, rapita
      Dalla paterna imagine, nel seno,
      L'infando amore d'ingannar tentando,
      Si cova Ascanio. Le nascenti moliDelle di torri coronate mura,
      Gareggianti col cielo, abbandonatePendono intanto . . . . . . . . . . . . .
     
      XI.
     
      Lei come prima da tal peste presa,
      Né al suo furore ostar la fama, Giuno
      Cara consorte del Tonante intese,
      Con tai parole a Venere si volse
      - Egregia lode, veramente, ed ampieSpoglie, ed un nome memorando e grande,
      Col tuo fanciullo acquisti! Dall'ingannoDi due Numi una femmina fu vinta!
      Ben io mi so che tu sospette avestiLe nostre mura e di Cartago l'alte
      Sedi; ma alfin non porrem modo? e semprePerché guerra tra noi? Meglio non fia
      Eterna pace e patteggiate nozze?
      Ciò che nel core tu volesti, l'hai;
      Arde amante Didone, e per le veneIl tuo furor le corse. E sia; comune
      Questo popolo abbiam, e a noi sia in curaCon pari auspicî. Serva Dido al Frigio
      Marito, e in dote alla tua mano i Tirii
      Siano commessi. -
      SimulatamenteLa comprese parlar, onde a Cartago
      Volger l'Italo impero; e però a leiRispose Citeréa: - Chi mai demente
      In ciò ti disdirebbe, e meglio tecoAmerebbe contendere, o regina?
      Purché il fatto che memori secondaSéguiti la fortuna! Ma i destini
      Mi trascinano, incerta se ai partitiDa Troia e ai Tirii voglia Giove sola
      Una cittade, e le due stirpi misteE costrette ad un patto. A te, consorte
      Lice l'anima sua tentar pregando:
      Tu comincia, io son teco.
      - Ed io, ripreseLa regal Giuno, questa cura assumo.
      Ora m'ascolta e ti dirò in qual modo


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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