Cui fur legati i vanni.
Sente dell'ali il fremito,
E guarda il ciel . . . . .
Che innanzi a lei distendesiSplendido, immenso, invan.
Questo vigor che indomitoL'anima incalza, opprime
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .(99)
XVI.
Mi pensava che volasseroSin le panche, a fargli onore,
Coronando il professore.
Ma le panche sono vecchie,
Per fortuna, nelle scuole,
Ed avvezze a tai parole.
E quel vaso che rigurgitaDi saver grande, infinito
Quel Rebuffo, che ho già udito
Dir sciocchezze, dalla cattedra,
Il romanzo e le canzoniDi quel ciuco di Manzoni! . . .(100)
XVII.
Sai chi è costui che ingenuoTi parla, e ride a canto?
Mentre ei la mano stringeti,
Sai che pensieri intantoNell'anima gli vagano?
Ah, Dio t'abbandonò!
Ah, che l'artiglio l'aquilaSovra d'un fior posò
Ma non temere: i validiVanni fra i nembi adopra . . .(101)
XVIII.
Un'aura assai piacevoleSento di fronda in fronda,
E credo udire un canticoChe a' miei pensier risponda
Nel mormorar del zefiroChe scherza tra quei fior.
Vieni, o diletta, ascendereTi piaccia fra quei mirti,
All'ombra della quercia.
Oh, quante cose ho a dirtiChe la campagna florida
Risvegliami nel cor!(102)
XIX.
- Dimmi, o poeta, lo vedesti mai?
- Chi? - Lui. - Chi è lui? - Tu mi vedesti in volto,
E tu, poeta, chi sia lui non sai?
Mai non vedesti uno stranier che vôltoVerso l'Alpi, parea, di là dal monte,
A un'ignota armonia porgesse ascolto?
Uno stranier, che sulla mesta fronteL'orma serbava de' miei baci, e avea
Sul suo labbro del mio labbro le impronte! -
D'essere intesa disperar pareaPur rassegnata in trepida favella
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Rebuffo Manzoni Dio Alpi
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