Dio santo, è troppo!
O cari sogni, o ingannevoli larveDella mia giovinezza, anco un istante
Sorridete al morente. Oh, ch'io non muoiaDisperato! che l'ultima parola
Non imprechi all'Eterno!
(Momento di silenzio).
Eppure è veroLe mie speranze giovanili, i giorni
Di mia vita trascorsi, affaticati,
Vagheggiando un pensier ch'io credea grande,
Non fûr che un lungo vaneggiar. Il giornoChe incontrai prima le Francesi squadre,
Oh, perchè un ferro non trovai, che il coreMi trafiggesse! Ne trafisser tanti!
Alla morte vicina avrei sorrisoCome a una cara; avrei meco la speme
Portata allorche questa patria mia,
Che m'ha tradito e ch'amo ancora, un giornoPer me libera avría sparso il mio avello,
Frutto del sangue mio, colle sue palme(115);
Che una diletta, un'adorata, avríaConfortato di pianto il cener mio.
Sogni! Sogni! Ed ancora a Paolo lice,
Lice a Paolo sognar. Proprio elemento,
L'Eterno ai figli della luce il cieloDiede, ed ai figli della terra il fango.
Nati dal fango, noi dobbiam nel fangoVivere, trascinarci, ed affogarvi.
Troppo tardi il compresi.
(In questo frattempo Pansa si sarà levato).
SCENA IV.
PAOLO, PANSA.
PANSA.
(Incontratosi in Paolo, trasalisce).
Dio, quai formeL'agitato pensier mi pinge innanzi?
Paolo da Novi!... Ma io lo veggo, È dunqueL'anima sua, ché lo tradii? Ma io
Lo so, che vile lo tradii; né valeRitentar crudelmente la mia piaga.
Piú aspreggiami un pensier, che pur nei sacriMomenti della morte mi persegue,
Come un nemico che ti schiaccia, e ride.
PAOLO.
(Lo guarda e sorride).
Come? tu pur sei qui? tu meco?
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