Coll'onde di sua luce, e ti sorrideSiccome a una sorella, il cor mi dice
Che fallace lusingami la spemeChe tutto, tutto in me s'accentri il santo
Raggio d'amor che in te trasfuse il cielo.
Cosa sí bella, e sí divina, in terraChinar non puote la pupilla.
(Teresa lo guarda esitante: Paolo continua)
Iddio,
Com'astro che nel ciel segna la viaAl soggiorno degli Angeli, ti pose
Genio d'amor sul mio cammino, e quantoDi sua luce immortal nell'universo
Rivela e di sé stesso, in te vagheggio.
Guardami in viso! Oh, ch'io, ch'io figga il guardoNel tuo guardo, com'aquila, che ardente
Punta l'occhio nel Sole, e si sublima!
Oh, ch'io m'inebrii nel tuo sguardo, e bevaL'aura indïante che ne sgorga.
(è l'alba)
TERESA.
Taci!
Taci, Paolo, per Dio! Non sai qual piagaLa tua parola in cuor mi cerchi. Ah, pria,
Quando d'amor mi favellavi, in terraFruir credea degli Angeli la gioia.
Ma quel tempo passò ; piú non ne avanzaChe memoria... (fra sé) e rimorso!SCENA IV.
(È giorno). GASTONE e Detti.
GASTONESalve, o Doge.
Grave novella la città commove.
Luigi s'avanza, e già le prime squadreCalcan la terra di Liguria. Innanzi
Al palazzo Ducal s'accalca e gridaIl popol misto, e dalla tua presenza
Chiede forza e consiglio.
PAOLO.
Ah, dunque è vero?
I cadaveri, e il sangue suo, che impinguaLa nostra terra, non gli basta? Ei vuole
Del lion che si desta, e tutto avvampaDel reduce vigor, sfidar le zanne?
Il vuol davvero? E sia. Ei forse fida,
Per ogni evento, in aver bene appresaPer i Pisani e pei Lombardi campi,
Facilmente, per propria indole, l'arte
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