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      VERRINA.
      Ed io pur ti cercava.
      GASTONE.
      E per la stessaCagion, forse.
      VERRINA.
      Non credo.
      GASTONE.
      Gravi coseHo a dirti.
      VERRINA.
      Ed io anche piú gravi.
      GASTONE.
      E quali?
      VERRINA.
      Ti volea dir che te conobbi, e i viliRaggiri tuoi; che l'ultima fïata
      Che menti è questa, e ch'io farò tra pocoSu te vendetta del dubbiar mio breve.
      (trae il bugnale)
      Muori, o Francese!
      GASTONE.
      E sia; ma prima leggi.
      (porgendogli un foglio).
      ATTO TERZO.
     
      Sotterraneo: due finestre in alto.
     
      SCENA I.
     
      GASTONE solo.
     
      GASTONE.
      Ecco che il seme ch'io gittai, con lungaFatica coltivai, fiorisce. Il Pansa
      Ed il Verrina, abbandonato il campo,
      Aprir l'adito ai nostri. Eppur costoroEran di quei che prodi il volgo appella
      Ed ecco cosa è un prode: un uom che tuttoAl proprio onor sacrifica sé stesso;
      E se un astuto al suo cammin s'avviene,
      Questo onor gliel rapisce, come il ladroIn un momento facilmente l'oro
      Rapisce al viandante, e Dio sa quantoAvrà stentato a accumular quell'oro!
      Allora, è un vile, come gli altri figliD'Adamo, e per sovrappiú un misero.
      Ecco Cos'è costui che adora il volgo. E a drittoGli antichi coronavano di fiori
      La vittima, e seguivanla in gran pompa:
      Ma di quei che seguianla, forse alcunoEsser la vittima, egli, avría voluto?
      Oh no, perdio!SCENA II.
     
      PANSA e Detto.
     
      PANSA.
      Ecco, compiuta omaiHo l'opra infame. O mio destin, sei pago?
      Morte mi grida il popolo, siccomeA un traditor; morte mi grida il Franco,
      Siccome a demagogo. Ed io non possoErger la fronte impavida, gridando:
      Perché la mia coscienza non mi garra,
      Alla fortuna, come vuol, son presto!


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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