Non s'usa là molta eleganza.
GASTONE.
PadreNon è discorso qui di morti; è un ballo
Dai Fieschi, questa sera.
FRATE.
Ah, qui si danza?
GASTONE.
Certo; vi pare, questo, strano?
FRATE.
Molto.
Ma voi vi siete confessato? AveteL'alma in grazia di Dio?
GASTONE.
E perché, o Padre,
Questa dimanda?
FRATE.
Perché sempre a tergoCome l'Angiol custode, abbiam la Morte.
Nei sacri libri ci ripete Iddio:
Siate parati. Ma sei sordo? il suonoDell'agonia non senti?
GASTONE.
Suona a festaPer la nostra vittoria il sacro bronzo.
FRATE.
Erri; il suono che ascolti, è l'agoniaDi Genova... e la tua.
GASTONE.
Ma alfin, chi siete?
Dite, di grazia, il vostro nome.
FRATE.
Il mioNome? Gli è un nome, che v'è noto, a entrambi.
Egli è un nome che a te suona la morte.
Io son Paolo da Novi. (si svela)
TERESA.
Egli! Gran Dio! (sviene)
PAOLO.
(a Gast.) Ora il mio aspetto ti fa certo, spero,
Che per te il bronzo non sonava a festa.
Credermi morto vi giovava. DarviUna mala novella io vi promisi,
E davver tengo fede... Prega Dio!
La tua vita precipita al suo fine.
GASTONE.
(s'inginocchia)
Ascolta, o Paolo! Io t'ho tradito, è vero....
Ma pietà!... Vedi, a tue ginocchia io cado....
Se mi lasci la vita, io giuro in Francia
Tornar, né mai piú riveder d'Italia
Il suolo; il giuro!
PAOLO.
Il giuri! E questo è il primoTuo giuramento che non mente, omai.
Non rivedrai mai piú d'Italia il suolo,
Perché morrai. Ma prega! indarno sprechiIl poco tempo che ti resta.
GASTONE.
AncoraM'odi! La morte è cosa orrenda... Cristo,
Nel suo pensiero, sudò sangue ei stesso.
PAOLO.
Volgiti a lui, che ti conforti in questa
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