L'Europa le aveva fatto l'onore di porla nel suo museo, colle mummie Egiziane. Vero è che i potenti se la disputavano come una cosa rara, e di quando in quando se la giocavano a sorte. Ben s'intende che noi tra i giocatori non v'entravamo mai. E il peggio si era che coloro i quali in quella tristizie. di cose aveano il monopolio della parola, predicavano che non solo la cosa era cosí, ma che doveva andar cosí; e a chi domandava perché, rispondevano gravemente che le nazioni invecchiano, e che l'Italia era vecchia. Ma che significa una nazione vecchia? Perbacco, non sapete che le nazioni invecchiano? Insomma, volevano ad ogni costo che ci rassegnassimo ad esser vecchi, perché cosí avevano deciso nella loro infallibilità le Accademie, i poeti Arcadi, e i professori d'Università. Questo, quanto alla politica.
Quanto alla letteratura, la cosa andava differentemente. Noi eravamo, diceano essi, la prima, anzi l'unica nazione del mondo. Quanto si dicea fuor dell'Alpi era, se non precisamente empio, almeno stoltissimo. Però, anche questa innocente gloria ci lasciavano, a patto che il fare il letterato si restringesse a far un musaico delle parole dei nostri buoni prosatori; che nelle prose, o si dicesse a modo loro, o non si dicesse niente. E questo pareva anche meglio. Nelle poesie, poi, di pensare e di sentir ciò che si dicea, non se ne dovea neanche parlare; giacché era deciso che poeta non dovesse dare il minimo sospetto di buon senso, sotto pena di esser dichiarato privo affatto dei primi principii di buon gusto.
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