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      Cosí nella politica, lo sconforto e la viltà eretti sfrontatamente in assioma; nella letteratura, abusato ampiamente delle piú sante passioni, dell'amor della patria e della dignità nazionale, per dividerci dal grande consorzio d'Europa; onde tentato impedire il progresso della nazione, fomentato il frazionamento del territorio, obbligato l'egoismo nell'individuo. Per Dio, che avevano ragione di dire che l'Italia era vecchia! Un popolo ridotto a tale, non è vecchio, ma morto. Confortatevi; questa Italia non era che l'Italia delle gazzette privilegiate. E poi, quand'anche ciò fosse, abbiate fede in Dio e in voi. E' vi hanno delle idee che potrebbero ricreare, non dirò un popolo, ma migliaia di popoli; perocché sono il Verbo di Dio, che successivamente s'incarna e si rivela nell'Umanità.
      Ad ogni modo ripeto, questa non era che l'Italia predicata dalla gente venduta. E ve n'era un'altra, Italia; vi era, l'Italia di Dante, il poeta cui Dio fe' grande tanto, che nella sua parola racchiude, come il gigante nell'utero materno, molti secoli dell'avvenire di un popolo; di un popolo che senza tremare come Attila, senza arrossire come un figlio degenere, oserà assidersi sovra i fecondi ruderi di Roma, e potrà stender la mano, senza profanarle, alle tombe dei Gracchi e di Cesare. Perocché su quelle tombe, quando, date due ère al mondo, come Dio al settimo giorno, Roma si riposò, ella lasciò cadere il suo brando, e le generazioni degli uomini vi passarono sopra; e vi fu talora alcuno cosí audace da tentare di alzarlo; ma Dio lo percosse, come.


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Scritti editi ed inediti
di Goffredo Mameli
Tipogr. Istituto Sordomuti
1902 pagine 446

   





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