Stringeremo una lega coi popoli, e spereremo in quella di qualche governo (giacchè, quanto all'esser soli, non si può neanche pensarvi, e gl'interessi sono cosí reciprocamente collegati, che nessuno può muoversi senza che gli altri si muovano, e chi non sta con lui sta contro di lui); chiameremo alla vita civile il popolo, perchè nelle nostre file ci sieno braccia di cittadini, o ci contenteremo di braccia di soldati; avremo un'insegna, o molte insegne.
La prima di queste quistioni è la piú grave, o per meglio dire è l'unica, giacché in essa tutte le altre si comprendono. Ora, noi crediamo che l'umanità abbia un corso prefisso verso una meta. Il corso è il suo miglioramento; la meta, il suo perfezionamento. Il suo miglioramento politicamente risulta dalla maggiore armonia delle sue parti, cioè dalla maggiore unione fra le nazioni. Ma come l'armonia non può risultare dall'accozzamento di parti indigeste ed eterogenee, il progresso politico delle nazioni consiste nella loro maggiore unità individuale. Ma come l'unità emerge dall'amore, e non vi è, né vi puó essere amore fra l'oppressore e l'oppresso, l'unità politica delle nazioni va di pari passo col loro miglioramento sociale: e questo consiste, prima nella felicità dei piú, poscia in quella di tutti. Ma come è avanzandosi dalla barbarie alla civiltà che gli uomini comprendono questa grande verità, che cioè la felicità di una parte non emerge dalla infelicità delle altre, e le lacrime non sono il calice della voluttà, né le murene pasciute di carne fraterna il cibo piú dolce alle labbra umane, il miglioramento sociale risulta alla sua volta dal progresso intellettuale.
| |
|