Non insultate al valor dei traditi; li vedrete alla riscossa. Il giudicio pende ancora incerto; mostriamo, per Dio, che la seconda sentenza era la verità.
Noi abbiamo una provincia Italiana che possiede un'armata, il cui valore fu sciupato, non spento, negli ultimi fatti, e che sotto capi, non dirò eroi, ma solamente onesti, può ancora riescire una delle migliori del mondo. Ma una gran parte dell'Italia non ha armate regolari, e queste non possono improvvisarsi ad un tratto; e se anche ne avesse, le recenti sventure dovrebbero averci insegnato che una giornata può decidere d'un'armata, e le sorti d'una nazione non possono giocarsi in un giorno; cosicché in ogni caso converrebbe pur pensar ad organizzare accanto alla guerra strategica un'altra guerra, la quale ne accelerasse il successo, nel caso la prima riescisse felice, e nel caso mancasse, conservasse all'Italia un'àncora di salute. L'aver dimenticato questa prima necessità, fu ciò che spinse il governo di Milano nella mala via che lo ridusse a Torino. Perché egli, visto in sulle prime che il nemico fuggiva, si diede tranquillamente a cantar vittoria, senza prendersi altro pensiero: furono lasciati errare alla ventura, senza denari, senza organizzazione, senza concerto, i numerosi corpi franchi di cui brulicava il suolo Lombardo; cosicché, invece d'ingrossarsi e di agire, isterilirono nella inerzia, e a poco a poco quasi totalmente mancarono. Ma se era vinta la prima battaglia, restava a vincersi l'ultima; e il governo Lombardo, il governo dell'insurrezione, non si era preparato a ciò. In tali circostanze egli non trovò niente di meglio che gittarsi nelle braccia di una dinastia, la quale facesse la guerra per suo conto.
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