L'Italia invano ha tentato risorgere, con a capo il principio della monarchia. Italia voglia sorgere davvero; il popolo si muova, e il popolo otterrà quello che l'armata regolare, l'invincibile armata regolare, non poteva, né i capi volevano ottenere.
Ma se è destinato che l'Italia abbia a risorgere per mano del Popolo; se la nostra vittoria ha da esser pura come la nostra bandiera; se l'intervento di chi si debbe chiamare estraneo alla causa Italiana, benché sia in Italia, non ha luogo, la rigenerazione diventa compiuta, gli eterni ostacoli all'unità cadono infranti.
E perciò v'è speranza. Molti sono in nostra mano gli elementi di vittoria. L'emigrazione già a quest'ora è discesa; ivi immenso è il desiderio di vendetta. Toscana non è più oppressa dal giogo di un Morfeo, Toscana è in mano del popolo, e ivi è Garibaldi, che non volle qui rimanere inoperoso, o farsi strumento di tirannia. Oh! la Lombardia si levi tutta quanta, raccolta nel giuramento di vincere o di morire come un suol uomo, e la vittoria non sarà dubbia.
La patria nostra ha molto sofferto; fu a mal punto, e noi quasi per un istante abbiamo disperato. Ma il momento della speranza è venuto, e noi lo salutiamo con gioia. Ogni speranza sta in noi, in noi soli; nessuna in un governo, che dopo un intervento, com'ei diceva, disinteressato, non vide che la fusione; che firmò un infame armistizio; lasciò passare il tempo, inoperoso; ascolta indifferente i gemiti delle vittime, scannate in Lombardia per avergli creduto; nega un pane ai fatti esuli per lui; conosce le vittorie Ungaresi, lo sfasciamento dell'impero Austriaco, vede il momento propizio, e non si muove; anzi, volge tutti i suoi sforzi, usa di tutte le sue arti e farà torcere lo sguardo dalla causa Lombarda, a dividerci, a far che si sparga il sangue cittadino.
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