È naturale che questo esista anche tra noi; e noi, combattendolo, riconosceremo che può essere un errore piú che una colpa. Ma chiediamo che egli dica tutto intero l'animo suo; che egli non parli di religione, di libertà, d'indipendenza; ch'egli dica di volere il principato papale, quale fu sempre, schiavo della diplomazia, collegato collo straniero all'estero, assoluto all'interno.
Vi è invece qualche cosa d'impudentemente sfacciato nella condotta dei retrogradi. Da una parte gridano il papato temporale istituzione essenzialmente nazionale in Italia, dall'altra domandano un intervento Europeo contro di noi; perché dicono: il Papa non appartiene all'Italia, ma al cattolicismo. Cosicché Roma, secondo tale ragionamento, avrebbe il vantaggio di essere oppressa da un genere di schiavitú novissimo; mentre si videro già paesi dominati da uno straniero, ma non si vide mai una città dominata insieme da tutti i popoli della terra.
In quanto a noi, liberandoci dal principato papale, crediamo far opera essenziale alla indipendenza dell'Italia e dello stesso cattolicismo. Distinguere due poteri esercitati simultaneamente da un solo individuo, è impossibile; e ciò è confessato dallo stesso Pio IX, il quale per ragioni religiose niega combattere contro l'Austria, chiama sacrilegio un'insurrezione politica, e trova ragioni di scomunica contro la Costituente. I due poteri confusi si tiranneggiano reciprocamente: un principe elettivo, e non eletto dal popolo, ma da' cardinali, non solo, ma da ambasciatori stranieri e dalla stessa Austria, non può regnare in nessuna parte d'Italia, e tanto meno a Roma, additata da tutti i partiti, o unitarii o federalisti, come centro della vita Italiana.
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