A chi poi parla d'ignoranza nel popolo, rispondete che, se scorre le provincie dei paesi piú liberi in Europa, la Francia e la Svizzera, troverà il popolo meno civile assai del nostro: rispondete che un popolo come il nostro, che visse talvolta sotto governi che non significavano che un'assoluta anarchia (talvolta, come al presente, sotto nessun governo), vivrà piú facilmente sotto un governo che corrisponda ai bisogni del paese, emergendo, per dir cosí, dalle sue viscere: rispondete che, se il nostro popolo ha bisogno di educazione, lo si educherà meglio colla libertà che colla tirannide.
E parlando dell'Unità corriamo naturalmente alla questione del Papato. Voi, vissuti per lungo tempo sotto la piú dura delle tirannidi, sbagliereste di molto se non credeste il principato papale che una piaga, la quale afflisse lungamente queste provincie. V'è piú: egli fu, e sarebbe sempre, se continuasse ad esistere (che Dio lo tolga!) un insormontabile ostacolo alla nazionalità, all'unità dell'intera Italia. Governo per propria natura impotente, non poté mai sperare di stringere sotto di sé l'intiera penisola: però l'opera sua tese sempre a dividerci in molti stati, a indebolire quale di questi si levasse a potenza, per non esserne schiacciato. Sostenere la propria influenza, invocando una potenza straniera, ricorrere ad un'altra, quando questa lo dominasse troppo, fu sempre la sua politica. Liberate voi, liberate Italia, liberate Roma da questo suo perpetuo nemico, il quale, dopo avere rifiutato di combattere il ladrone Austriaco, si studia di eccitare la guerra civile, e dalle stanze contaminate dal re di Napoli manda la scomunica ai suoi "dilettissimi figli.
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