Si ritrasse piú tardi a vita tranquilla in Bevagna, donde il 15 settembre del 1885, richiesto dall'on. Delvecchio, mandò lo scritto che qui riferisco:
CENNI SULLA MORTE E RITROVAMENTO DEL CADAVEREDI GOFFREDO MAMELI.
Nella primavera del 1848, mentre nel Veneto i volontari Italiani combattevano contro l'esercito Austriaco, conobbi Goffredo Mameli. Ci separammo, non ricordo dove; nè lo rividi che in Roma nel seguente autunno, Da quell'epoca la nostra amicizia fu intima.
Intanto Venezia, rimasta libera, resisteva con eroici sforzi agli attacchi delle truppe Imperiali, soffrendo la miseria e la fame. Da tutte le città italiane si apersero questue per soccorrerla; e riunitosi in Roma un comizio al teatro Apollo, Mameli vi declamò il suo bellissimo canto
Milano e Venezia," già da esso recitato a beneficio della stessa Venezia al Teatro Carlo Felice in Genova, la sera del 16 settembre.
Assalita Roma il 30 aprile 1849 dall'esercito francese, e continuato l'assedio dopo un mese d'armistizio, egli, capitano allora nello stato maggiore Garibaldino, fu ferito da palla repubblicana nella tibia sinistra. Trasportato allo spedale della Trinità dei Pellegrini, posato in stanza separata, venne affidato alle cure dei primarii professori dell'arte chirurgica, inculcando loro di nulla trascurare, per conservare all'Italia uno dei piú valorosi suoi figli. Ma la sua linfatica costituzione ed il nervoso temperamento, piú potenti dell'arte, attrassero sulla parte offesa tale quantità di maligni umori, che dopo parecchi consulti fu giudicata indispensabile l'amputazione della gamba.
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