Accadevano intanto i nuovi rovesci, per non dire le incomprensibili infamie di Novara, in cui venne vergata la piú nefanda pagina della storia Italiana per quelle mani medesime che voleano vergarne la piú gloriosa. Il Parlamento nazionale di Torino decideva in comitato segreto che, a non volersi tutta sopportare quell'onta e accontentarsi al séguito inenarrabile dei vituperii che ci si preparavano, le provincie del regno dovessero tutte agitarsi e protestare, opponendosi con quanto animo e quanta forza aveano all'invasione Austriaca, all'occupazione di Alessandria e delle fortezze principali di Genova: quivi esser d'uopo nell'ultimo disastro stabilire la sede del governo. Però i piú onesti, dotti ed influenti deputati ricevevano mandato di recarsi nelle diverse città; e tra noi veniva Costantino Reta, per cui le cose accadute aveano cotale avviamento da lui.
Ed è a meravigliarsi come il governo, che nella sua parte piú legittima promoveva l'agitazione dei proprii paesi, ora parli di faziosi, di ribelli, tutti in sostanza eccitati da lui nel pericolo supremo, e nel timore di vedersi occupato e manomesso lo stato. Oltreché, vorrebbe sapersi se i governi, e chi li move e maneggia, debbano al piú sozzo repentaglio trascinare i popoli, avvilirli nelle armi, nella storia, nell'onore, e questi non fremere, né agitarsi, ma quella viltà portarsi in pace e tacere. Di ciò, né la ragione, né la natura, né l'anima umana possono essere capaci. Dio ha posto una misura e un confine a tutto: guai se quella misura si colmi, se quel confine si oltrepassi.
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