Attaccò briga con un giovine d'una delle più cospicue famiglie di Francia, lo sfidò, l'uccise. I parenti del giovine, che erano di molta influenza col Re, lo perseguitarono, lo presero, lo fecer porre in un orrido carcere. Ci visse varii anni; alfine vinto coll'oro il carceriere, fuggí di Francia, purificato della sua patria dalle persecuzioni che ne avea sofferte. Egli cercava un generoso, che comprendesse il suo odio per la tirannide. Giunse in Genova; trovò Paolo. Egli lo ingannò, come ingannò noi tutti. Gastone lo amò come uno che aduna ed incarna le piú alte, le piú sante idee, che prima vagavano indistinte nell'anima. Paolo lo accolse in sua casa, gli fu cortese. Gastone credette ch'egli cercasse in lui un compagno nel cammino della gloria. E invece (quando me lo raccontava, gli fremeva sul volto tutta la vergogna e lo sdegno di un lungo e turpe inganno), e invece quel traditore cercava in lui uno che gli appianasse, lo sostenesse nel cammino dell'infamia. Egli voleva mandarlo ambasciatore al pontefice, perché facesse sua serva questa sua patria, che si appoggiava al suo braccio, siccome al braccio d'un prode; e mentre essa lo incoronava suo campione, egli volea che Giulo lo incoronasse suo signore.
VERR. Ascolta o Pansa; qui si tratta di un tradimento, o di una calunnia turpissima. Ma a prima vista, senz'altre prove, io crederei piuttosto traditore un Francese, che un Italiano. E poi, ripeto, perché ci continua a convivere, a mentirsi amico di questo che egli chiama traditore?
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